USA 2017: Diario di viaggio – Day 11
Oggi il programma della giornata prevede il trail per il Corona arch, la Potash road combinata al Shafer trail, la visita della sezione Island in the sky di Canyonlands e per finire il Dead Horse point.
Direi che cose da fare ne abbiamo abbastanza no?
Luca inizia a caricare la macchina, poi ritorna in stanza ed io esco per caricare il resto.
Peccato che, quando arrivo, la macchina non si apre.
Ma come, ero convinta che un attimo fa Luca l’avesse aperta, perché mai dovrebbe averla richiusa??
Siamo qui a 2 metri, l’uomo che voleva lasciarla accesa a bordo strada qualche giorno fa non può ora aver paura dei ladri.
Ed infatti lui non ha paura dei ladri, sono io che evidentemente sono ancora mezza addormentata.
Lo chiamo e gli chiedo se ha chiuso la macchina, lui da dentro mi urla che no, l’ha lasciata aperta.
Com’è possibile?! L’auto è chiusa.
Lo richiamo e gli dico che si sarà dimenticato di averlo fatto ma la macchina proprio non si apre.
Lui a questo punto esce, mi guarda, guarda la macchina ed esordisce con un “ma stai scherzando vero?” ed io convintissima “ma perché?” lui si mette a ridere e mi dice di guardare la macchina.
Io la guardo e dopo i primi attimi di smarrimento me ne accorgo, quella non è la nostra macchina ma quella affianco.
Ora, a mia difesa, devo dire che quell’auto era proprio affianco alla nostra, era bianca, era un SUV, era grande uguale e assomigliava alla Santa fe proprio tanto.
Dopo aver finito di ridere andiamo a prendere i nostri panini al Moab city market e ci dirigiamo all’inizio del trail per il Corona arch.
Alle 9 in punto, con l’attraversamento delle rotaie, iniziamo la splendida camminata.
L’ho trovata molto più facile che quella per il Delicate ed anche molto più bella, senza miliardi di persone attorno e solo con i cairn da seguire.
I cairns non sono esattamente semplicissimi da individuare, bisogna stare molto attenti a non perderli di vista e spesso ci siamo trovati a cercare dove fosse quello successivo.
Tuttavia, con un po’ di concentrazione, è davvero difficile perdersi.
Ci sono un paio di punti attrezzati più per sicurezza che per altro, il trail è assolutamente alla portata di tutti e, se avete 3 notti a Moab, è da fare assolutamente. A noi è piaciuto tanto!
L’arco è davvero enorme e imponente e noi li sotto sembriamo dei nani.
Si sta da Dio, il cielo è azzurrissimo e si respira un aria di pace assoluta.
O dovrei dire si respirava visto che questa pace ha fine quando un insetto gigantesco, ma davvero gigantesco, vola con l’intenzione di posarsi su di me?!
E’ grande, brutto e ha un pungiglione nero enorme che, improvvisamente, mi trovo a due, ma proprio due, cm dalla faccia.
Mi spavento e tiro un urlo il cui eco probabilmente si sente fino a Los Angeles……
Ho il cuore a mille ma Luca, invece di assicurarsi che la bestia non mi abbia punto, è la che se la ride.
Ridi ridi, poi se era velenoso mi portavi tu in ospedale.
Quando gli dico così ride ancora di più e mi dice che sono sempre la solita esagerata… Ma non è vero!!
Dopo il pericolo scampato facciamo un altro paio di foto e partiamo per la discesa, ci fermiamo un altro po’ sulle rotaie che adesso sono al sole e risaliamo in auto per la nostra prossima avventura, gli sterrati che raggiungono Canyonlands.
Arriviamo alla Potash road abbastanza sicuri delle condizioni della strada, vista l’assenza di precipitazioni recenti.
Facciamo pochi chilometri ed incontriamo una berlina che viene dalla direzione opposta.
A bordo ci sono due vecchietti che ci fanno segno di fermarci e tirare giù il finestrino.
I due ci sconsigliano di proseguire, a loro dire la strada è molto dissestata e senza un fuoristrada di quelli seri è meglio evitare.
Ci dicono che loro sono andati avanti un po’ e poi hanno dovuto tornare indietro.
Ora, secondo voi, io e Luca abbiamo dato retta a questi sconosciuti? Ma assolutamente no, questi hanno una berlina!!
Ci tornano in mente le parole del tizio del visitor center di Moab che la sera prima ci aveva descritto la Potash Road come la strada per gli inferi. Poi però pensiamo a quelle del ranger da cui abbiamo avuto la certezza delle buone condizioni dello sterrato.
Decidiamo quindi di essere ottimisti e dare retta al ranger e proseguiamo con il vecchietto che ci guarda scuotendo la testa, probabilmente pensando che i giovani d’oggi non danno mai retta ai consigli dei più anziani.
La strada è stupenda, le vasche di potassio, il Musselman arch, il Dead Horse point visto da sotto… una meraviglia dietro l’altra.
La meraviglia però non finisce con la Potash Road ed il Dead Horse point a distanza ravvicinata ma continua con lo Shafer trail e i punti panoramici da cui ci affacciamo al nostro ingresso a Canyonlands.
Da qui possiamo vedere buona parte del percorso sterrato appena fatto e ci sentiamo davvero fortunati ad aver potuto fare tutto ciò.
La strada era in condizioni ottime e non presentava difficoltà alcuna, meno male che non ci siamo fidati del tizio del visitor center!
Sarebbe ora di pranzo ma decidiamo di andare a vedere prima il Mesa arch e poi dirigerci ai tavoli da picnic vicino al Grand View point overlook.
Quando scendiamo dall’auto il caldo è infernale, Luca è già sofferente e lo vedo guardare speranzoso la piccola nuvoletta che piano piano si dirige verso il sole.
Eh no, il cielo è limpido, quella nuvolaccia non può mettersi tra me e il Mesa Arch!!
E invece, per la felicità di mister nuvola, dopo 200 metri la sua amica si posiziona proprio la dove non dovrebbe stare.
Io sbuffo e lui esulta.
Arriviamo all’arco e, per quanto sia bello, col sole deve essere un’altra cosa. La nuvola è piccola quindi mi impunto, adesso resto qua finchè non torna fuori il sole.
Per fortuna non si fa attendere troppo e vedere tutto quanto illuminarsi e prendere colore è qualcosa di magico.
Si è fatto tardi ed abbiamo fame quindi il breve trail per tornare alla macchina ci sembra infinito. Per fortuna che adesso si va dritti a mangiare!
Poveri illusi…
L’area picnic anche se è tardi è piena e, nonostante i 3 giri perlustrativi, non riusciamo a trovare posto quindi, con buona pace dei nostri stomaci brontolanti, andiamo a vedere Grand Viewpoint.
E’ molto bello ma noi riusciamo a pensare a una cosa soltanto….i nostri panini che non vediamo l’ora di addentare.
Sono le due passate e stamattina abbiamo mangiato soltanto qualche biscotto, siamo quasi al punto di non ritorno… ormai potremmo sbranare qualsiasi cosa ci passi davanti.
Arriviamo all’area picnic ed è ancora tutto pieno, uccideteci!
Al secondo tentativo vediamo una macchina che sta lasciando la piazzola e in un battibaleno siamo già seduti, con i nostri panini tra le mani, a guardare un uccellaccio nero che, prima ci fissa famelico da un albero, poi inizia a girarci intorno minaccioso.
No caro pennuto, questo cibo è nostro, non osare avvicinarti!!
Per fortuna questo uccellaccio è molto meno aggressivo di quello dell’anno prima e riusciamo tranquillamente a finire i nostri panini.
Con la pancia finalmente piena andiamo a vedere il famigerato Green River Overlook e quando ci affacciamo capiamo perché questo parco sia spesso accostato al Grand Canyon.
Il colpo d’occhio è spettacolare e, anche se buona parte del mio cuore è sempre la, in Arizona, dal fratello più famoso, anche qui ne lascio un pezzettino.
Dopo un bel po’ di tempo ci rendiamo conto che è il momento di andare, ci aspetta il Dead Horse Point.
Visto che il Dead Horse è uno state park paghiamo i 15$ di entrata e ci dirigiamo subito al View Point.
Qui siamo praticamente soli e devo dire che, penso anche per questo, mi è piaciuto di più dell’Horseshoe bend a Page (e già quello mi era piaciuto tantissimo).
Lo so, 15$ per un viewpoint sono tanti, ma posso assicurare che il Dead Horse Point li vale tutti!
Per oggi abbiamo dato, è tempo di tornare a Moab, farci una bella doccia ed andare a mangiare da Zax.
La tentazione di bissare il messicano della sera prima è tanta ma ci diciamo che è anche bello cambiare.
Sulla strada per Moab troviamo segnalati dei lavori ma è sabato e non c’è nessuno all’opera.
Ciò nonostante ci sono dei grossi birilloni arancioni a dividere la carreggiata, birilli che, in teoria, rendono impossibile sorpassare.
Peccato che, quando un camper sbuca da una stradina laterale tagliandoci bellamente la strada e piazzandosi davanti a noi a 20km/h, il mio pilota gli sta dietro per un po’ e poi perde la pazienza.
Improvvisamente fa una manovra che mi fa perdere 10 anni di vita: aspetta il rettilineo, si infila tra i birilli sorpassando il camper e si re infila tra i birilli per tornare nella nostra carreggiata.
Io rischio l’infarto e lui mi guarda sornione come a chiedermi cos’avrà mai fatto di strano.
Per carità, non è stata una manovra così rischiosa, ma se ci fosse stata una macchina della polizia?
Quando glielo faccio presente lui è tranquillo come una pasqua e mi dice di pensare al margarita di stasera così mi tranquillizzo.
Da Zax c’è fila ma in 10 minuti ci trovano un tavolo all’aperto.
La pizza è passabile ma nulla di che e ce ne andiamo con l’amaro in bocca per aver tradito il Fiesta mexicana per questa pizzetta mediocre.
Dopo un ultimo giretto per il paese è’ ora di andare a letto, domani è il 27 di agosto, anniversario del mio indimenticabile primo giro a cavallo al Bryce Canyon. Un giorno talmente meraviglioso la cui data è impossibile da dimenticare.
Meno male che domani ci aspetta una giornatina easy, solo un semplice trasferimento tra Moab e Capitol Reef, questo sarà sicuramente un 27 di agosto molto più bello e tranquillo………….
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