Viaggiare non è mai abbastanza.

USA 2016: Diario di viaggio – Day 1

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Il giorno tanto atteso è arrivato, oggi si vola negli Stati Uniti.

La sveglia suona puntuale alle 3.15 ma io sono sveglia già dalle 2.45. Il trillo, quindi, è quasi una liberazione.

Finalmente è arrivato il 22 agosto, finalmente è il gran giorno. Anche Luca si sveglia e si alza senza protestare, non vuole ammetterlo ma anche lui non vede l’ora di salire sull’aereo che ci porterà negli USA.

turkish airlines usa

Facciamo colazione, controllo per l’ultima (e l’ennesima) volta la mia lista di tutto quello da mettere in valigia / bagaglio a mano / borsa e carichiamo tutto in macchina.

Alle 4.15, puntuali come un’orologio svizzero, partiamo alla volta dell’aeroporto e iniziamo ufficialmente il nostro viaggio verso gli Stati Uniti.

Arriviamo a Venezia e andiamo al banco check in dove chiediamo i posti vicino alle uscite di sicurezza.

L’impiegata Turkish al banco ci squadra per un attimo e convinta ci dice che si, le sembriamo adatti.

Adatti?  Adatti per cosa?

Ci dice che ci vuole molta prestanza fisica per quei posti. Noi, essendo giovani e forti, in caso di incidente non avremmo problemi ad aprire le porte.

Ci scambiamo un occhiata e tratteniamo a stento una risata. Dove vede in noi tutta questa prestanza fisica?

Tuttavia, dato che vogliamo quei posti, facciamo finta di nulla e, in un attimo, sono nostri. Una gran fortuna per me e la mia vescica che potremo andare in bagno quando ci pare e per Luca che è alto 1.93.

Quindi, dopo tutti i controlli, saliamo sull’aereo e alle 7.25 partiamo alla volta di Istanbul.

2 ore e mezza dopo siamo all’Ataturk a bighellonare in giro per l’aereoporto.

Tentiamo di farci passare le 3 ore e mezza di scalo tra un pacchetto di patatine, una coca e un giretto a negozi.

Quando finalmente aprono il gate i controlli sono infiniti. Compici anche le poche ore di sonno saliamo sull’aereo già stanchi. Alla faccia della nostra “prestanza fisica”!

Le quasi 14 ore che ci separano dagli agognati Stati Uniti sembrano non passare più.

Non riusciamo a prender sonno se non per un paio d’ore scarse ma, per fortuna, l’intrattenimento è buono, ci sono film in Italiano, e in qualche modo il tempo trascorre.

Arriviamo cosi’ a destinazione, scendiamo dall’aereo e all’immigrazione siamo abbastanza fortunati. Nel giro di 40 minuti siamo ad aspettare i nostri bagagli che  incredibilmente arrivano subito, usciamo dall’aereoporto e troviamo la navetta dell’hertz davanti all’ingresso. Possiamo partire immediatamente per l’autonoleggio.

Siamo piuttosto increduli, ma cosa sta succedendo?! Dov’è finita la nostra solita sfortuna?

Meglio non chiamarla quindi evitiamo i commenti e arriviamo al parcheggio della Hertz dove c’è una discreta fila. Aspettiamo una quindicina di minuti finchè arriva il nostro turno.

L’addetto, molto gentile e simpatico, ci chiede che macchina ci piacerebbe avere e, quando gli rispondo una jeep, mi dice che con la nostra tariffa può darci una compass mentre, se vogliamo una cherokee, c’è un piccolo supplemento.

Ci accontentiamo della compass e dopo aver rifiutato più di 400$ di assicurazioni aggiuntive ce ne andiamo a prendere la macchina. Abbiamo fatto solo la road safe che, per fortuna, non è mai servita.

Sono ormai quasi le 21, saliamo in macchina e, dopo aver provato un attimo il cambio automatico nel parcheggio, partiamo verso Santa Monica dove abbiamo prenotato l’hotel per la notte.

Luca alla guida e io con il navigatore in mano ci addentriamo nelle strade di Los Angeles.

Tutto va bene finchè l’aggeggio malefico inizia a perdersi e a dirci di girare quando la strada è già passata. Provato dal viaggio e stanco morto Luca si arrabbia con me pensando che sia io a continuare sbagliare, al che, anche io stanchissima e assonnata, gli dico che  se la prenda con il navigatore.

Passiamo cosi’ i successivi 5 minuti ad urlarci contro e a pensare “mamma mia, qua si che iniziamo bene…”.

Per fortuna poi ci basta poco per renderci conto che è la stanchezza a farci sclerare e nel giro di altri 5 minuti abbiamo già fatto pace.

Nel frattempo riusciamo a raggiungere l’hotel SeaView e a scaricare i bagagli.

Il tempo di un breve giretto al pier di Santa Monica, di una porzione gigante di patatine da bubba Gump e di una capsula dentaria che si stacca e sono le 11. Ovviamente quando poteva staccarsi se non il primo giorno di vacanza?

santa monica bubba gump

 

Ridendo della mia sfortuna ce ne torniamo  in hotel e andiamo a letto, stremati ma ansiosi di cominciare l’on the road l’indomani.

 

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